La mia Elena
Non ho mai conosciuto Elena, ed è una di quelle emozioni che rimpiango di non avere vissuto. Il mio rapporto con Lei nasce per caso, …mio malgrado. Lei era mancata da qualche mese e mi venne fatta una cortese richiesta di avere una mia opinione (manco fossi Federico Zeri!) sui “lavoretti di carta” e i “lavoretti di legno” che lei faceva in casa.
Presentata così, la mia smodata curiosità e fame di bellezza diffidava dal mettere in atto una visita alla casa. Temevo di trovarmi davanti ai soliti lavoretti riempitivi di vuoti emozionali in cui molte casalinghe disperate si rifugiano, tipo sindrome da nido vuoto o marito distratto.
Lo temevo non conoscendo bene nemmeno la persona che mi faceva la richiesta e quindi non elaboravo nessuna ipotesi in testa di quello che mi sarei potuta aspettare. Però la persona che mi aveva interpellato mi era simpatica ed era un’amica di una cara amica…..insomma…..procrastinavo la visita, aspettavo solo il momento giusto per essere preparata al “peggio”.
Il giorno che…arrivai all’indirizzo dettatomi rimasi colpita perché era uno dei posti più belli di Venezia. Già questo mi sorprese ma poi tutto prese una piega che… mai, e dico mai avrei sognato di vivere.
Dietro la porta di ingresso …..uno stupido diaframma di legno… mi si aprì un mondo. Tutto era perfetto. Tutto era vivo e unico. Le stanze, la luce, i colori, i rapporti e le proporzioni di tutti gli elementi di arredo; era un’abitazione moderna …ah, a sproposito, l’unica porta che vidi fu proprio la porta di ingresso, le altre non si possono definire porte ma geniali separatori ambientali, che come delle quinte teatrali si intersecano e interagiscono per dividere gli ambienti, costituivano esse stesse delle opere d’arte assolutamente autosufficienti.
Da lì in poi, e per tutta la durata della visita, il mio viso assunse un’espressione da idiota, o meglio da pugile suonato. Sì perché ogni cosa su cui poggiavo la vista esaltava la mia emozione e prendeva a pugni la mia stronzissima presunzione….
Non mi sarei mai aspettata che da quel momento in poi il mio stomaco iniziasse ad avere i crampi, …..gli occhi inumiditi e il tipico languore da Morbo di Stendhal si impossessarono di me. Tutto fortunatamente si complicò.
Nulla era banale, ma nemmeno normale, e nemmeno bello….era molto ma mooolto di più e non posso usare il termine meraviglioso perché banale, direi perfetto.
La perfezione risiede nell’equilibrio fra la funzione e la creatività. Quando un oggetto diventa soggetto. Io ero contornata da soggetti, Elena era dappertutto, nella sua cucina dai cento cassetti e senza forno, nei suoi separé più mentali che fisici, nel suo scrittoio ad angolo fra due finestre fra le più suggestive di tutta Venezia. Insomma non ero ancora arrivata a vedere i “lavoretti di carta” e “i lavoretti in legno” ed ero già stesa per KO alla prima ripresa!
Spiegare, a chi non è entrato insieme a me, cosa ho visto mi risulta difficile.
Oggi “i Soggetti” sono stati catalogati e riposti in modo sistematico e ordinato……ma a quel tempo erano i padroni di casa ed erano vivi e presenti dappertutto come una colonia di centinaia di gatti, anzi migliaia.
Arrivata al piano primo ero, appunto, molto simile ad un pesce rosso con la bocca aperta e gli occhi sgranati; per le scale avevo visto una serie di olii e tempere molto interessanti ed era solo il preludio alla grande abbuffata di felicità e stupore che mi accolse appena finii di fare la scala. Cumuli di “opere di ingegno” incredibili fatte con i mezzi più disparati. Carta, nastro adesivo, cartoni delle uova, nastri, legno …..e molto altro ancora…che passando per le mani di Elena prendevano vita e davano forza e forma ad un concetto… Mai banale, mai uguale, mai visto. Centinaia di presenze amiche che formavano il diario di una vita, appunti di un viaggio di ricerca interiore mai finito, una esigenza di parlare “con le mani” pari al racconto dantesco in quanto a profondità ed eloquio.
I soggetti che sgorgavano dalle sue mani, prendevano autonomia dalla creatrice e andavano ad inanellarsi in un unico pensiero continuo ma pieno di sfaccettature e domande a cui la prossima creazione tentava di dare una risposta.
E poi un’altra domanda e poi un’altra serie di risposte…e così via, …50 anni 8 ore al giorno …migliaia di forme, appunti, pensieri visivi e visibili ma soprattutto TANGIBILI!
Il legno, traforato rigorosamente a mano, sembra l’elemento destinato ai concetti più elaborati, quelli più legati al bisogno di una soluzione alla domanda iniziale. La “quadratura del cerchio “, forse è la scultura più emblematica di questo percorso, anch’Essa, ovviamente, dà una soluzione …..e sembra semplice, come solo i giganti dell’arte sanno fare.
Toccare questi oggetti è stato un privilegio, ognuno di loro, sapendolo ascoltare, ci parla delle ore e ore che la sua creatrice gli ha dedicato, fino a trovarne la sua autosufficienza se non la perfezione. I giochi in legno, i grandi e piccoli guerrieri, gli animali fantastici…….centinaia e centinaia di opere che le sgorgano dalle mani come se la fonte avesse una energia inesauribile e il poco tempo dello spazio temporale di una vita per farle nascere. Elena io non l’ho conosciuta, non so il colore dei suoi capelli, non conosco la sua voce, nemmeno il suo sorriso, era alta? Era minuta? Non lo so non mi interessa. Ho avuto l’apertura di poterla “vivere” attraverso la catalogazione delle sue opere e di poterla condividere con i miei ragazzi i veri catalogatori…in più Elena mi ha lasciato una amica, sua figlia Annamaria.
Elena è una gigante del suo tempo e la considero al pari di chi ha solo avuto più fortuna negli incontri e nelle occasioni di farsi conoscere ad un grande pubblico, spero che questo accada presto. Grazie Elena
Paola Baldari