Oltre la forma
La quadratura del cerchio è uno dei tre famosi problemi geometrici dell’antichità.
Il quesito risalente alle origini della geometria, tenne occupati i matematici per secoli con lo scopo di costruire un quadrato avente la stessa area del cerchio.
I due filosofi greci più influenti della storia, Platone e Aristotele, rintracciavano nella geometria il modello per eccellenza nella generazione della conoscenza e del sapere riguardanti la natura.
Il filosofo Immanuel Kant chiarirà nella Critica della ragione pura del 1781 (1787) che l’uomo vive in un continuo di spazio e di tempo che determina il suo modo di percepire e pensare, così come geometria e aritmetica sono strumenti necessari a impostare una relazione con lo spazio e con il tempo. Allo stesso modo, la trasformazione del cerchio in un quadrato è un problema spaziale.
La soluzione sarà dichiarata impossibile, come rigorosamente dimostrato con l’applicazione del “pi greco” dal matematico tedesco Von Lindemann, nel 1882.
Nonostante la fine di un sogno intellettuale durato più di 2000 anni, l’espressione metaforica “quadratura del cerchio” continua ad indicare un problema privo di soluzione e impossibile da risolvere che, paradossalmente, oggi è impropriamente utilizzata invece nella sua accezione positiva, per descrivere la soluzione perfetta a un dato problema.
Ma in fondo, quale è la verità? Possono esserci letture ed interpretazioni che, aldilà della matematica, possono darci altri punti di vista?
“LA QUADRATURA DEL CERCHIO” per queste e molte altre ragioni, è probabilmente l’opera più affasciante ed ingegnosa che abbia avuto modo di osservare e toccare con mano, in occasione della visita compiuta pochi mesi fa a Venezia alla casa laboratorio dell’Architetto, scultore ed artista Elena Guaccero.
Un insieme di strutture lignee laccate di color rosso tulipano, che, roteando su perni cilindrici di metallo, finiscono per sovrapporsi a più livelli divenendo dapprima un cerchio e poi un quadrato dandoci conferma che, attraverso un semplice gioco di movimenti, “Un cerchio può diventare quadrato ed il quadrato può diventare o tornare ad essere cerchio”.
All’esemplificazione che ci lascia la Guaccero attraverso quest’opera (che invito tutti ad osservare nel video), mi piace immaginare di poter legare un messaggio metaforico che ci sospinge ad una visione elastica, fluida, mutante e ristrutturante del pensiero e della vita stessa.
Quando si dice “cercare la quadratura del cerchio” si intende infatti sforzarsi per individuare la soluzione ideale ad un certo problema; ma vuol dire anche tentare l’impossibile poiché il problema da risolvere è troppo difficile e la ricerca di una soluzione è soltanto mera illusione.
Modulando invece quest’opera, costruendo un cerchio da un quadrato e poi riportando il cerchio ad essere quadrato attraverso la formazione di altre figure geometriche, si coglie immediata la potenza del nostro “agire”.
Abbiamo la possibilità di trasformare una cosa in altra cosa attraverso il movimento.
Possiamo vederla da un’altra prospettiva.
Possiamo modificarne lo spazio.
Possono renderla spigolosa attraverso la costruzione di angoli, oppure, smussarla, renderla liscia, arrotondandola; facendola addirittura percepire modificata nel suo peso specifico apparendo, essa stessa, più pesante o più leggera.
Il pittoresco e sintetico proverbio “chi nasce tondo non può morire quadrato, (con il quale si sentenziava che niente e nessuno può cambiare la sua forma), forse non corrisponde ad una canonica verità.
La forma non è statica, è dinamica.
Il pensiero, l’intenzione, l’azione possono cambiare modificando la forma, così come può accadere il contrario.
Chi nasce tondo, PUÒ quindi morire quadrato, ma anche ovale, triangolare, trapezoidale…
Sabrina Colle